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La qualità trascendente dell’unione dell’Io con l’Altro.

L’empatia sistemica, cioè la capacità di “sentire il prossimo” in modo metodico, può portare grandi benefici di fronte a cambiamenti collettivi di stato fisico e mentale.

Sebbene il concetto di empatia sia attualmente molto sentito, si tratta di un argomento di una certa complessità e rilevanza per il nostro progresso come umanità. Pertanto, cercheremo di scomporre un po’ questo argomento portando alcuni spunti di riflessione.

A metà del 1913, Edith Stein stava terminando la sua laurea in filosofia quando, insieme al suo maestro e mentore Edmund Husserl, decise di difendere la sua tesi basata sul tema dell’empatia.

Questo termine, creato dal filosofo tedesco Theodor Lipps, secondo Edith Stein presentava delle lacune e soprattutto mancava un’analisi che dimostrasse se fosse o meno il termine ideale per la conoscenza dell’esperienza altrui, nel contesto fenomenologico.

Partendo da questo principio, l’intenzione qui non è tanto quella di addentrarsi in modo particolare negli studi filosofici di Stein, quanto di capire in profondità cosa significhi realmente empatia e come questo fenomeno possa influenzare il corso degli eventi di fronte a una sorta di transizione collettiva.

Inoltre, per capire perché noi esseri umani abbiamo la capacità di provare un’empatia intermittente, cioè a volte ci immedesimiamo in chi soffre, a volte siamo indifferenti al povero ragazzo che sta soffrendo, per esempio! Forse un cane sarebbe più coerente!

L’affinità con il prossimo ci permette di percepire noi stessi e il mondo, riducendo l’impenetrabilità del “tu” percepito dall’io. Questo è possibile solo quando c’è la volontà di aprirsi e di farsi conoscere dall’altro, formando un canale di connessione interpersonale.

Quando si apre questo canale e ci mettiamo nei panni dell’altro, tutto diventa meno oscuro ai nostri occhi e un velo di possibilità si materializza nelle nostre idee, dandoci la percezione di una nuova realtà che non ci appartiene, ma che ci fa comprendere le scelte, le azioni e le reazioni degli altri.

Come disse Theodor Lipps nel suo libro Psychologische Untersuchungen (Esami psicologici):

“Come negli atti spirituali originari si costituisce la propria persona, negli atti vissuti empaticamente si costituisce la persona dell’altro”. (Traduzione libera).

Nonostante per raggiungere uno stato empatico efficace sia fondamentale, innanzitutto, tuffarsi nell’oceano delle proprie emozioni – perché fare altrimenti sarebbe come cercare di indovinare la ricetta di una torta senza averne mai assaggiato gli ingredienti – lo sforzo per farlo è già qualcosa di rivoluzionario!

Pensando dal punto di vista dell’altro, “mettendosi nei suoi panni“, l’impulso a giudicare si attenua e si tende ad analizzare la situazione attraverso prospettive diverse. E, sinceramente, poter togliere il peso del giudizio al prossimo è davvero qualcosa di liberatorio e impagabile!

È importante, tuttavia, non confondere l’empatia e l’attenuazione del giudizio con la giustificazione di crimini e colpe di qualsiasi tipo, ma piuttosto riuscire a comprendere a fondo certi atteggiamenti individuali e/o collettivi per agire sulla base di una riabilitazione strutturata che parta dalla radice che genera tali azioni socialmente e individualmente spregevoli.

Quando ci troviamo in un momento di grande transizione collettiva, in cui le persone sono portate fuori dalla loro comfort zone, è comune entrare in uno stato di caos interiore. Alcuni maturano, altri si chiudono, altri ancora perdono completamente la testa, ma tutti, senza eccezione, partecipano a questo processo. E guai a chi lo nega!

In questo stato di squilibrio, è semplice identificarsi con il sentimento più impregnato nelle ombre della razza umana: l’egoismo, figlio dell’Io e padre dell’orgoglio. L’Io ha il sopravvento su tutto. Riempie bisogni, desideri, priorità. Infiamma l’intolleranza, giustifica l’amarezza, ingrigisce l’essere.

Per Edith Stein

“Il tema dell’empatia è la piccola porta attraverso la quale si gioca una sfida più grande: prendere coscienza della permanente disparità che esiste tra soggetto e natura e tra soggetti diversi, ma allo stesso tempo individuare le condizioni di possibilità di relazione e comunicazione tra questi due poli.”

E qui entriamo in un punto culminante: il desiderio di avvicinarsi e comunicare emotivamente con altri soggetti. E lo strumento che l’Universo, nella sua immensa generosità e perfezione, ci offre è questa capacità di “sentire il prossimo“. Insomma, entrare in empatia! Non è un problema! Anche se non è così semplice da mettere in pratica, è qualcosa che già ci appartiene fisiologicamente.

Secondo la neuroscienza, la scoperta dei neuroni specchio ha concepito una maggiore conoscenza delle relazioni intersoggettive a livello comportamentale. Queste cellule si trovano in varie parti del cervello umano e animale, nelle aree legate alla rappresentazione delle azioni.

Innanzitutto, sono nascoste al comportamento, ma si attivano quando la persona osserva il comportamento degli altri; poi, essendo presenti anche nelle aree del cervello in cui è coinvolta la rappresentazione di reazioni dotate di valore emotivo e affettivo, esse – le cellule – possono aiutarci a comprendere questi fenomeni di reciprocità, come l’empatia.

Il fatto curioso è che, sebbene l’empatia sia stata sempre più evocata, discussa, masticata e declamata, sono pochi coloro che riflettono e affrontano la questione del perché l’empatia possa talvolta assumere una posizione così volatile e intermittente, a seconda delle circostanze, del contesto o dei media.

Prendiamo ad esempio le popolazioni indigene del Brasile quando manifestano contro gli incendi illegali e, disperati, espongono il loro dolore e la loro sofferenza più profonda vedendo distrutto in modo criminale tutto ciò che per loro rappresenta l’essenza vitale, al di fuori dell’ecosistema a cui appartengono.

Questo fenomeno, pur essendo lontano dalla nostra realtà oggettiva, è la chiave d’oro del cuore umano e, a livello filosofico, del sentimento empatico multiplo. Porta con sé quel senso di impotenza, ma allo stesso tempo un senso di compassione che dirige la nostra attenzione verso ciò che va oltre il sentimento umano.

D’altra parte, possiamo immaginare che una parte dell’opinione pubblica indifferente o addirittura “dispatica” nei confronti delle popolazioni indigene possa aver provato, in passato, una sorta di compartecipazione alla sofferenza di questi popoli e che, nonostante la percezione del dolore, non sia sufficiente per entrare in uno stato emotivo capace di ritrovarsi nell’Altro.

E se invertiamo il quadro, guardando da un altro punto di vista, ad esempio quello di chi difende queste azioni con discorsi pieni di dati pseudo-scientifici, retorica appassionata, giustificazioni economiche e teorie del complotto, il nostro sentimento empatico potrebbe subire una certa flessione? Forse è così.

Ora, perché l’empatia si presenta come un’emozione on/off, che a volte proviamo e a volte non proviamo più? Qual è il significato di questa intermittenza emotiva? Come già detto, la risposta potrebbe risiedere nella nostra percezione di persone uniche e meravigliose, ognuna con le proprie differenze, sfide e problemi.

Possiamo aprire le porte del nostro “Io” interiore per avere un incontro speciale con quel giudice intransigente che abita il nostro essere; conoscere le nostre convinzioni limitanti, le nostre scissioni; abbracciare con amore ciascuna delle nostre ombre e, soprattutto, imparare a sentire la nostra anima per poter sentire l’altro nella sua integrità.

Affrontare il tema dell’empatia è più impegnativo di quanto si possa immaginare. Si tratta di entrare in una foresta incantata invasa da esseri magici, alcuni pericolosi, altri mansueti, ma tutti imprevedibili. Non c’è da stupirsi che grandi filosofi e neuroscienziati abbiano studiato e continuino a studiare questo argomento con grande rispetto.

Quello che vorrei lanciare è la riflessione sulla necessità di avvicinarsi ai sentimenti e alle emozioni degli altri, in un momento storico di evidente transizione planetaria.

Scegliendo questo percorso di trasformazione, ci vediamo principalmente a fare un’analisi sistematica dell’essere che abita in noi, per comprendere più facilmente l’essere che abita nel nostro prossimo. E così, finalmente, inizieremo a trattarci con più generosità, compassione e amore.

Le vere chiavi d’oro!


Tradotto e adattato dal mio articolo originale in lingua portoghese sulla rivista digitale aEmpreendedora: A empatia sistêmica em tempos de transição planetária

Karla Rossette

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