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Quando non siamo parte della soluzione, siamo parte del problema.

Le persone intraprendenti sono quelle che cercano di identificare e risolvere possibili problemi; che agiscono o pensano in anticipo.

Scagli la prima pietra chi non si è mai ribellato alla mancanza di civiltà, educazione e rispetto dell’ambiente in cui si trova. Scagli la prima pietra chi non ha mai passato ore a lamentarsi di quanto sia sbagliato, corrotto, difettoso un certo paese, gruppo, classe, categoria, ordine o famiglia.

Ma puntare il dito è il massimo che posso fare? Il giudizio gratuito può portare alla trasformazione? Cosa succederebbe se spostassi l’attenzione dal problema alla soluzione? E dove si intersecano questi due poli opposti?

La risposta è più semplice di quanto si possa pensare: si intersecano dentro di noi.
Significa che abbiamo la capacità di elaborare nuove idee e di trovare soluzioni ai problemi che più ci affliggono, siano essi personali o collettivi, perché, consciamente o inconsciamente, abbiamo tutti questo piccolo programma di proattività installato fin dalla nascita!

Quando inizio a guardarmi dentro, spogliandomi di tutte le maschere che posso indossare per difendermi, mi ritrovo e accolgo tutte le mie ombre e tutta la mia luminosità, una luminosità che si presenta sotto forma di potenzialità per me e per la società.

Pertanto, cari miei, se non sono parte della soluzione, posso concludere che sono parte del problema, senza “ma” e senza “se”, perché le scuse non sono più un’opzione per chi prende coscienza dei propri doveri di fronte alle avversità e ai fallimenti personali e altrui.

Sebbene sia difficile affrontare la destrutturazione sociale che ci permea ed eliminare queste idee pessimistiche per reagire positivamente, credo che bastino piccoli gesti semplici nella nostra vita quotidiana per iniziare a far parte della soluzione come persone intraprendenti.

 

Ma prima sarebbe importante conoscere alcuni fattori che facilitano il cambiamento:

La comprensione della necessità di cambiare, cioè osservo con occhi critici tutto ciò che non funziona secondo i miei criteri morali, educativi, intellettuali, ecc. e sento il bisogno di agire.

Poi, applico la buona volontà sommata allo sforzo e alla perseveranza, cioè tutto parte dal mio entusiasmo, che da solo non vale nulla, perché si sa che la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni! Dopodiché devo attivare il mio sforzo nell’azione da compiere e, soprattutto, rimanere concentrato sull’obiettivo, perseverando anche quando tutto e tutti sembrano remare contro.

Poi cerco di stabilizzare il cambiamento, facendo in modo che quell’azione rimanga il più possibile all’interno del mio stile di vita e del mio carattere, diventando qualcosa di completamente naturale e quasi automatico, al punto che non riesco più a vedermi al di fuori di quel contesto creato dalle mie nuove azioni.

E infine, non arretrare dopo aver conquistato atteggiamenti d’amore superiori, in altre parole, nonostante i miei giorni peggiori, cerco di mantenere i miei propositi senza scoraggiarmi, senza dormire sugli allori, con la certezza, nel profondo del mio cuore, che lo sforzo varrà la pena non solo per me, ma per tutti coloro che fanno parte della mia storia.

Oltre alla crescita individuale, è anche attraverso l’attributo dell’apprendimento per osservazione e imitazione che la persona proattiva diventa un modello per gli altri, soprattutto per i bambini, che sono molto sensibili all’acquisizione di un comportamento, anche se impercettibile, poiché il vero risultato si presenterà nelle generazioni future.

Tenendo a mente questi concetti, metterli in pratica è molto più facile di quanto sembri: chi lo sa… a partire dai gesti più semplici, come raccogliere i rifiuti altrui trovati lungo la strada, ad esempio? Per esperienza, un’azione così banale diventa persuasivo e, quando meno ve lo aspettate, altre persone intorno a voi faranno lo stesso. È un’iniezione di energia!

Non è abbastanza? Che ne dite di creare un piccolo circolo di lettura di libri per bambini rifugiati che non hanno ancora accesso alla vita “normale”? O addirittura insegnare la lingua locale o un lavoro manuale o un’attività utile agli adulti in difficoltà, alimentando così la loro curiosità, la loro voglia di essere partecipe e utile alla comunità?

Una volta acquisita la consapevolezza di essere essenzialmente un essere proattivo e che ogni mio atteggiamento ha un impatto sull’ambiente e sulla società a cui appartengo, scelgo di essere parte della soluzione e non più del problema, ricordando sempre che mentre educo me stesso porto educazione.

Da sognatrice ottimista patologica, credo in un futuro migliore per la nostra società, credo nello sforzo che paga, che paga in moneta che non perde mai valore, credo nei semi che germogliano, ognuno al momento e al posto giusto, nella qualità della vita e nelle opportunità per tutti.

So che sembra utopico agli occhi dei più diffidenti, ma in passato ci sono stati innumerevoli sognatori anonimi e utopici, cosiddetti pazzi, che hanno contribuito alla trasformazione dell’umanità. Sognatori proattivi che si sono trovati di fronte a un problema e non hanno fatto altro che cercare una soluzione… senza “ma” o senza “se”.

È importante ricordare che ci saranno sempre ostacoli, che il mondo non applaudirà, che molti ricorderanno i gesti positivi, ma ancor di più quelli negativi, che nulla cambierà da un giorno all’altro, che pensare di arrendersi al primo inciampo è normale e umano, ma riprovare è resilienza, è divino!

Ora dimmi: che tipo di persona vuoi essere?


Tradotto e adattato dal mio articolo originale in lingua portoghese sulla rivista digitale aEmpreendedora: Pessoas proativas podem fazer a diferença na sociedade?

Karla Rossette

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